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I farmaci biosimilari e la loro importanza in reumatologia

Scritto da Mediately
28 mar 2023
6 minuti
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I farmaci biosimilari e la loro importanza in reumatologia Image

I farmaci biologici (e i farmaci biosimilari) rappresentano ormai uno strumento indispensabile della medicina moderna. I progressi compiuti nella ricerca e nello sviluppo di tali farmaci hanno ampliato i confini della scienza consentendo ai biologici di trattare malattie terminali come il cancro e di aiutare a gestire patologie croniche come la sclerosi multipla, il diabete, l'artrite reumatoide e la malattia di Crohn.

Sebbene per i pazienti con patologie invalidanti e potenzialmente letali i farmaci biologici rappresentino un'opzione di trattamento innovativa, essi possono essere costosi e difficilmente accessibili. Fortunatamente, lo sviluppo dei farmaci biosimilari ha creato alternative più sostenibili dal punto di vista economico per i pazienti che dipendono da trattamenti biologici.

Farmaci biosimilari_reumatologia

I farmaci biosimilari contribuiranno in modo sostanziale a offrire cure migliori e più accessibili

Nella nostra epoca la medicina biologica esercita indubbiamente un impatto rilevante. Da un lato, con l'invecchiamento della popolazione e la necessità di trattare patologie croniche, la domanda di farmaci biologici è in continua crescita. Dall'altro, le decisioni terapeutiche, spesso basate sul rapporto economico tra valore e costo, lasciano ai pazienti poche alternative. Di conseguenza, i farmaci biosimilari svolgeranno un ruolo sempre più importante nel fornire ai pazienti l'accesso alle cure necessarie. 

Ciò si tradurrà in un ampliamento delle opzioni terapeutiche per le malattie croniche e in un aumento generale dell'impiego di farmaci biologici. I biosimilari offrono una soluzione più economica, risolvendo il problema per coloro che in precedenza non potevano permettersi una terapia biologica o dovevano accontentarsi di farmaci meno efficaci.

Che posto occupano i farmaci biosimilari in reumatologia? 

Sebbene l'impiego di farmaci biosimilari per il trattamento delle patologie autoimmuni vari da regione a regione, gli ultimi dati rivelano una tendenza all'aumento della prescrizione di biosimilari tra i reumatologi. Un dato inaspettato?

Nel 2018 e, in seconda battuta, lo scorso anno GlobalData, società di ricerche di mercato nota in tutto il mondo, ha condotto un’indagine in otto grandi paesi (Francia, Germania, Italia, Spagna, Regno Unito, Stati Uniti, Giappone e Australia). Ai reumatologi che prescrivevano farmaci nella loro pratica clinica quotidiana è stato chiesto quale terapia farmacologica fossero soliti utilizzare per il trattamento dell'artrite reumatoide (AR). I risultati indicano che tra il 2018 e il 2020 le abitudini nella prescrizione di biosimilari sono cambiate in tutti i paesi europei e in Giappone, con un aumento considerevole del loro impiego, mentre sono rimaste pressoché invariate negli Stati Uniti e in Australia.

La prescrizione di farmaci biosimilari da parte dei reumatologi

L'anno scorso il 92% dei reumatologi europei ha prescritto biosimilari a oltre un quarto dei propri pazienti con artrite reumatoide (AR), contro il 70% del 2018. Una delle ragioni principali di tale aumento nella prescrizione dei farmaci biosimilari risiede nella riduzione dei prezzi derivante dalla maggiore concorrenza generata dai nuovi biosimilari quali adalimumab, etanercept, infliximab e rituximab.

Nel 2018 solo il 23% dei reumatologi giapponesi aveva prescritto biosimilari ad almeno un quarto dei propri pazienti con AR, contro il 78% dello scorso anno. Malgrado l'utilizzo di biosimilari rimanga modesto, tale aumento indica una crescente fiducia in questi medicinali. Nel 2018 il 46% dei reumatologi giapponesi ha affermato che preferiva prescrivere i farmaci originatori; lo scorso anno la percentuale è scesa al 6%.

Negli Stati Uniti e in Australia il ricorso ai biosimilari è rimasto invariato, con il 25-30% dei reumatologi che prescrivono biosimilari a un quarto dei propri pazienti con AR. Secondo i ricercatori, per assistere a un aumento significativo dell'impiego di farmaci biosimilari in questi paesi sarà necessaria una maggiore concorrenza a livello di prezzi. Tuttavia, ciò sarà possibile unicamente se le attuali barriere normative che ostacolano l'accesso a questi medicinali saranno rimosse.

Molti pazienti hanno sospeso il trattamento per l'artrite reumatoide

Sono molte le ragioni per cui la pandemia di COVID-19 ha avuto un impatto considerevole sui pazienti affetti da artrite reumatoide (AR). Una di queste, secondo Zachary S. Wallace, autore e ricercatore della Divisione di Reumatologia, Allergologia e Immunologia presso il Mongan Institute e la Harvard Medical School di Boston, è costituita dall'impiego di immunosoppressori. In un'intervista rilasciata a Rheumatology Advisor ha discusso i risultati di uno studio riguardante l'impatto della pandemia sul trattamento dell'AR.

A inizio pandemia, molte persone affette da AR non solo si sono isolate, ma hanno anche interrotto la terapia, esponendosi al rischio di infiammazioni improvvise e altre complicanze. Per quale motivo? Secondo Wallace, la causa va ricercata "nell'accesso alle cure, nella carenza di medicinali e nell'insicurezza generale, nel non sapere se malattia e terapie possano rappresentare un rischio per la propria persona". I risultati di un'indagine condotta negli Stati Uniti nelle prime due settimane della pandemia hanno mostrato che su 530 pazienti (il 61% dei quali con AR) il 74% ha modificato di propria iniziativa farmaci e dosaggi. 

Telemedicina: una soluzione o una maledizione?

Ben il 42% degli intervistati ha riferito cambiamenti nella gestione, quali visite di controllo cancellate o posticipate, e il passaggio alla telemedicina. "Il passaggio alla telemedicina è stato effettivamente difficile perché è avvenuto in modo del tutto inatteso. Non avevamo grande esperienza nel condurre visite in collegamento video e nel monitorare virtualmente l'attività della malattia. Ma abbiamo imparato rapidamente", osserva Wallace. Il professore inoltre ritiene che, nonostante le sfide, la telemedicina rappresenti un'opportunità per la reumatologia, sia durante sia dopo l'epidemia. "Non tutti i pazienti necessitano di essere visitati di persona. Se la malattia è sotto controllo, la terapia funziona, il paziente è soddisfatto delle proprie condizioni fisiche e la patologia non ne condiziona la funzionalità, le visite periodiche da remoto rappresentano una valida opzione", afferma Wallace. 

"Anche se per i miei pazienti la situazione tornerà per lo più alla normalità, nel lungo periodo prevedo di effettuare in modo virtuale il 10% dei miei consulti. Tuttavia, ritengo che per quanto riguarda la mia carriera di ricercatrice in futuro le cose non saranno mai più le stesse. Le mie attività di ricerca non mi obbligheranno a viaggiare tanto quanto prima, e la formazione in medicina verrà condotta tramite un numero crescente di risorse online e in misura minore in presenza. La Francia è piuttosto in ritardo nell'adozione di queste metodiche, e la pandemia potrebbe rappresentare un'opportunità di cambiamento", osserva Laure Gossec, professoressa di reumatologia all'ospedale Pitié-Salpêtrière presso l'Università della Sorbona, in un articolo pubblicato su Nature Reviews Rheumatology riguardo al modo in cui la pandemia cambierà la pratica clinica reumatologica.

Fattori predittivi dello sviluppo dell'artrite reumatoide nei parenti dei pazienti

Secondo quanto pubblicato sul portale medico Medpage Today, un gruppo di ricercatori inglesi della Manchester University, guidati da Ian N. Bruce, ha riferito che alcune caratteristiche dei pazienti e alcuni sintomi osservati nella coorte di parenti di primo grado di soggetti affetti da artrite reumatoide (AR) possono aiutare a predire un rischio notevolmente più elevato di sviluppo della patologia. In un gruppo di 870 parenti di primo grado, il 13,3% aveva accusato dolore articolare simmetrico e lieve, tipico dell'AR. Come è noto, l'AR è il risultato di una complessa interazione di fattori genetici e ambientali, e nei parenti di primo grado dei pazienti la probabilità di sviluppare la malattia risulta da 2 a 4 volte superiore a quella della popolazione generale.

Digitalizzazione: un'app mobile che offre ai medici un supporto significativo (strumento prognostico FRAX)

L'osteoporosi è una nota complicanza nei pazienti con artrite reumatoide (AR). L'AR è un importante fattore di rischio per le fratture, mentre l'osteoartrite è un fattore di protezione. Ne consegue che i medici non dovrebbero fare affidamento sulla segnalazione di "artrite" da parte del paziente, a meno che non vi siano evidenze cliniche o di laboratorio a conferma della diagnosi.

Il FRAX® è uno strumento ben noto ai medici, in quanto aiuta a individuare i soggetti che presentano un maggiore rischio di frattura osteoporotica. Fornisce perciò un supporto indispensabile ai reumatologi che gestiscono i pazienti affetti da AR. Tuttavia, negli ospedali è disponibile, nella maggior parte dei casi, solo su computer fissi connessi a Internet, il che significa che l’accesso potrebbe non essere sempre immediato.

L'app Mediately rappresenta una brillante eccezione poiché offre lo strumento FRAX per dispositivo mobile sotto forma di applicazione nativa, che funziona senza problemi anche in assenza di una connessione a Internet. Il FRAX di Mediately è uno strumento progettato per essere di facile utilizzo nella gestione medica, in grado di fornire risultati in tempi brevi e consentire un processo decisionale rapido e di alta qualità.

Come funziona lo strumento digitale FRAX nell'app Mediately?

Per usare lo strumento FRAX è sufficiente aprire l'applicazione sul cellulare e selezionarla con un solo tocco. L'interfaccia utente è chiara e semplice, e guida i medici nell'inserimento delle informazioni necessarie. Il medico inserisce i dati personali come sesso, età, altezza, peso, abitudine al fumo e terapia, e sulla base di tali informazioni lo strumento offre una valutazione del rischio di frattura osteoporotica a 10 anni. Il rischio è espresso sotto forma di percentuale; ad esempio 10% significa che 10 persone su 100 con questo livello di rischio saranno soggette a frattura osteoporotica nei prossimi 10 anni. Tale informazione aiuta i medici a decidere quali ulteriori azioni intraprendere, come ad esempio un cambiamento dello stile di vita e delle abitudini alimentari o la prescrizione di medicinali. 

L'impiego della valutazione mediante FRAX® è raccomandato dalla European Society for Clinical and Economic Aspects of Osteoporosis (ESCEO) e dalla International Osteoporosis Foundation (IOF).

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